Questa è la storia di Salvatore, un ragazzo campano nato in una famiglia di contadini, molto povera, dove c’era solo il minimo del minimo per sopravvivere. Ultimo di dieci figli, tutti impegnati nel lavoro della terra. Siamo all’inizio del XX secolo, la guerra è appena finita, erano partiti in tre, purtroppo solo due dei suoi fratelli sono tornati dal fronte. Lavorare nei campi è dura e Salvatore sa bene che “a l’orto si voli l’omu mortu” e lui non voleva morire con la zappa in mano. Amava leggere, disegnare, intagliare il legno; era molto creativo. Fantasticava sul suo futuro e il suo sogno era la grande mela, New York!
Così Ia famiglia raccolse dei soldi in prestito e gli comprarono un biglietto per la grande nave che andava in America. Dentro la sua valigia legata con la corda aveva messo le poche cose che possedeva, assieme ai suoi sogni, ma c’erano anche le aspettative dei suoi cari, così quel piccolo bagaglio gli sembrava pesantissimo! Il viaggio sarebbe stato molto lungo, la sua cabina era un sottoscala per andare al reparto macchine, un po’ scomodo ma almeno era al caldo. Dopo settimane, finalmente la nave fece il suo ingresso nel porto e lui era da ore sulla prua, per il posto in prima fila. Fu la prima volta che vide la statua bianca e più si avvicinavano, più diventava grandissima, immensa. Quella visione, lo saprà in seguito, ha dato una svolta alla sua vita: la statua della libertà sarà per sempre la sua mentore. Sasà, così lo chiamavano i suoi fratelli, non si perde d’animo, segue il fiume delle persone e si ritrova nella grande città. Tutto è grandissimo, le strade sono come le strisce dell’orizzonte, infinite, e quelli strani immensi silos con tante finestre, che toccano il cielo (dove suppone che ci vivano le persone), le auto bellissime, le luci delle insegne dei negozi fantastiche, e tanta tanta gente, su e giù, qua e là, non si fermano mai, assomigliano a quel formicaio vicino al melo di casa.
Finito il tour delle meraviglie decide di rimboccarsi le maniche e cercare qualcosa da fare, per guadagnare un po’ di quegli strani biglettoni verdi. Vicino a una magica porta girevole di un edificio, vede un ragazzo più o meno della sua età. Sta inginocchiato su di una sola gamba e la sua coscia serve d’appoggio per la scarpa, di un signore in doppio petto, che lui sta strusciando con della stoffa per renderla pulita. Sasà pensa che si può fare di meglio! Si guarda intorno e vede una cassetta dalla frutta abbandonata, toglie la corda di sicurezza dalla sua valigia, la lega alle due estremità della cassetta. Adesso sembrava proprio quella che aveva la ragazza delle sigarette al cinema del paese. Si ricorda che mamma puliva I suoi stivali con grasso di maiale e un pezzo di lana. Tira fuori dal suo bagaglio la maglia di lana ,il suo unico cambio e con il coltellino taglia le maniche. Ecco ora aveva lo straccio, ma si ricorda anche di avere un cartoccio di carta gialla con dentro un pezzo di pane, razionato nel viaggio e la cotenna dell’unico pezzo di carne che aveva. Decide di sciogliere la cotenna con acqua per ottenere il grasso e fa un piccolo fuoco con delle cartacce trovate per strada e, con un barattolo di fortuna, crea il suo primo lucido per scarpe. Adesso poteva iniziare a lavorare.
Tante primavere sono passate e tanti inverni freddi , ma la fortuna è arrivata. Grazie alla tenacia, al sacrificio e alla fantasia, oggi Salvatore è un uomo di successo. Ha una catena di negozi di scarpe, rigorosamente marca italiana e una piccola fabbrica di lucido da scarpe, che non ha mai voluto ingrandire ; è rimasta così come quando è nata, è lì che lui ha la sua stanza dei bottoni e da quell’ufficio dirige tutto! Nell’ingresso principale sulla parete d’onore c’è un quadro con dentro una maglia di lana senza maniche. Sta lì perché così, tutte le mattine, nel vederla ricorda sua madre e per non scordare da dove tutto è iniziato: da un ragazzino che tutti gli americani chiamavano sciuscià! Ah dimenticavo, vive e ha sempre vissuto nel quartiere italiano chiamato Little Italy!